03 maggio 2006

Piano di sopravvivenza per Carfizzi



Presentazione

L’esigenza di scrivere questo programma, nasce non per scopi di lucro ma per motivi prevalentemente sentimentali, in quanto la fine di Carfizzi, sarebbe anche la fine dei ricordi, di sensazioni, di colori, di profumi, di luoghi, e altre cose ancora che non è facile raccontare. Ma passiamo al dunque, a Carfizzi non servono le cose che ho detto prima, non servono poesie o canzoni, o romanzi, si va bene la cultura è cultura ma quello che fa muovere il sole e le altre stelle sono i soldi è l’economia. E quelli che sono andati via da Carfizzi definitivamente l’hanno fatto per lo stipendio, per l’avvenire dei figli, per lo studio o anche, come dice chi è rimasto in paese oppure chi è stato costretto a ritornare, perché “qui non c’è niente, non è rimasto nessuno”. Quindi bisogna muoversi, darsi da fare, senza aspettare che qualcuno dia la pappa già pronta, cosa che non avverrà mai, cose tipo Europaridiso, anche perché il tempo stringe e potrebbe essere tardi, inoltre è al rilancio di Carfizzi che dobbiamo guardare e lavorare ognuno onestamente e duramente pensando che il più piccolo ingranaggio serve al meccanismo per funzionare e deve funzionare alla perfezione perché l’economia del paese incominci a girare e lo continui a fare per sempre, e perché no sia anche d’esempio per il circondario.

Cenni storici

Il settore primario è stato quello trainante per molti secoli e infatti nel dopo guerra Carfizzi era il paese del circondario produceva più grano, grazie alla forza di volontà, allo spirito di sacrificio all’attaccamento alla terra che hanno portato alcuni cittadini persino in galera, per occupare quelle terre che oggi sono per la maggior parte incolte. Ma i tempi cambiano, e o ti adegui oppure prendi altre strade, ma era difficile resistere con quella terra, che non è la pianura Padana e dove il clima a volte torrido manda in fumo un anno di lavoro. Quindi la Germania e il Nord Italia hanno portato via i giovani e le speranze del paese, e le rimesse che nei primi anni arrivavano hanno contribuito alla costruzione di case di sei piani che si affacciano su strade sempre più vuote. Quelli che hanno deciso di rimanere e lavorare caparbiamente la terra si sono visti privare della vicinanza dei figli che a loro volta sono andati via dal paese e la storia si ripete. Il settore secondario non è stato mai abbastanza sviluppato per poter intravedere sviluppi plausibili, visti anche la carenza di vie di comunicazione e la mancanza di spirito imprenditoriale che in questo settore è essenziale. Di conseguenza il terziario in mancanza di imprese industriali e di contatti con l’esterno si è limitato, a qualche posto di lavoro grazie all’assistenzialismo di alcuni enti e partiti politici, ma purtroppo anche qui vedi la scuola non c’è da aspettarsi niente di buono.

Riflessione

E allora cosa facciamo? Vediamo un po’, abbiamo pochi giovani, molte case vuote, un clima ottimo per le vacanze, siamo una minoranza linguistica, abbiamo il mare a due passi, delle colline fresche e profumate, l’aria limpida e pulita, una cucina prelibata, un cielo azzurro come non c’è l’ha nessuno, delle stelle luminose che a guardarle ti gira la testa, uno spirito di ospitalità e accoglienza radicato, i formaggi freschi, l’olio buono anche solo con il pane, il vino incontaminato, le strade senza traffico, il telaio, la tradizione contadina e forse ecc… Qualcuno mi dirà che voglio vedere il bicchiere mezzo pieno, ma penso che il bicchiere sia oltre che pieno traboccante, bisogna trovare il modo di berlo senza sprecarlo e in modo anche che ci sia per tutti, in seguito spero di esporre in modo dettagliato e corretto come.

Linea guida

Quindi l’unica cosa che a mio avviso si può fare e puntare sul turismo. Coinvolgere il Comune, la Provincia, la Regione, lo Stato, e la Comunità europea, per portare avanti un progetto volto ad accogliere il maggior numero di turisti possibile nelle case del paese opportunamente sistemate. In pratica Carfizzi dovrebbe diventare un grande agriturismo, e se la cosa funziona, naturalmente si incentivano tutti gli altri settori.

Piano di applicazione

Per iniziare senza sconvolgere la vita del paese, e anche per provare e eventualmente correggere il tiro si deve cominciare con non più di 10 appartamenti atti ad ospitare dalle 25-40 persone. Naturalmente non solo per il periodo estivo ma per tutto quasi l’anno visto il mercato al quale bisogna rivolgersi e quello internazionale grazie alle multinazionali del turismo. Oltre alle case serve anche un ristorante tipico, con piano bar, dove offrire la cucina tradizionale. Per quanto riguarda il piano ricreativo-culturale bisogna allestire una casa museo dove fare vedere con personaggi in carne ed ossa come vivevano i contadini nei secoli passati, un maneggio per fare tranquille e rilassanti passeggiate a cavallo tra le nostre colline, un negozio dove vendere i prodotti tipici gastronomici e tessili, per il periodo maggio-settembre un lido al mare da dove un autobus fa da spola al paese ogni mezzora ed altre iniziative potranno essere valutate e sviluppate. Dopo se le cose vanno per il verso giusto penso che si possa arrivare anche 100 persone e qui la cosa si fa interessante per tutti. Bisogna prendere accordi anche con qualche compagnia aerea per i collegamenti aerei a Crotone in quanto il viaggio può in molti casi diventare un ostacolo difficile da superare.

Piano finanziario

Dopo avere saggiato il progetto, penso che si possa costituire un fondo immobiliare per la gestione degli immobili, e costituire una società di natura giuridica da stabilire, per la gestione delle varie attività. In linea di principio la cosa che deve attirare i turisti deve essere il basso costo dell’affitto che deve essere in questi termini 100euro per una settimana 150 per quindici giorni e 200 per un mese, indipendentemente dal numero delle persone (massimo 6), i soldi dell’affitto serviranno per pagare le provvigioni dell’ag. viaggi. Gli appartamenti devono essere sprovvisti di cucina in quanto bisogna puntare a guadagnare su tutto quello che gira intorno alle persone che verranno in paese. Naturalmente se le case del paese si comprano la società provvedere a pagare le rate dei mutui, altrimenti se vengono affittate la società provvederà a pagare l’affitto. Facendo le cose gradualmente e stando sempre con i piedi per terra penso che non ci sia bisogno di grandi esposizioni finanziare e nemmeno di chiedere contributi agli enti locali. Penso che sia essenziale la collaborazione del comune per la casa museo e per le vari concessioni. Comunque le aspettative di occupazione vanno da un minimo di 20 posti iniziali ad un massimo di 150 a pieno regime. con un volume di affare iniziale 100.000 euro annui iniziale a 1.000.000 a pieno regime.

Conclusione

Le buone idee non si riconoscono quando vengono esposte ma quando vengono messe in pratica e si vedono funzionare.

Giuseppe Pompò

08 aprile 2006

OPERAZIONE CARFIZZI

Milano, 30.3.2006
Sono Vincenzo Basta, anch’io nato e cresciuto a Carfizzi ma ora residente a Milano.
L’anno scorso, in estate, sono tornato per trascorrervi le vacanze.
Carfizzi non è più quello che abbiamo lasciato qualche anno fa. Ormai in paese non c’è più nessuno; si è spopolato. Secondo l’ultimo censimento del 2000 sembra che i residenti ufficiali siano intorno a 800, mentre le persone residenti stabilmente non sono più di 500. In questo secondo numero non vi rientrano gli studenti universitari ed altre persone che solo ufficialmente risultano residenti mentre vivono per la maggior parte dell’anno nelle città dove studiano o lavorano. Sicuramente non torneranno se non ne avranno un buon motivo.
Intorno alla metà del mese di agosto, in paese, ho incontrato Agostino Affatato, il medico. Abbiamo scambiato due chiacchiere. Mi ha detto che sicuramente fra qualche anno, non appena i suoi figli diventeranno un pò grandi, autonomi, vorrà tornare a vivere a Carfizzi. Lo stesso pensiero lo aveva espresso l’ultima volta che ci eravamo visti a Milano qualche mese prima.
Gli ho fatto presente che non c’è più nessuno. Solo vecchi, pochissimi bambini riuniti a scuola in classi miste multi-età. Sono chiusi tutti i negozi di generi alimentari che pullulavano intorno agli anni ’70, ’80. Non c’è più un sarto, un calzolaio, un barbiere. Chissà come sarà quando vorrà tornare: probabilmente un paese fantasma.
Poi ho ragionato su quello che è successo negli ultimi decenni: questo paese di origine contadina, popolato fino al 1960 quasi solo da contadini e che ora sta per scomparire, ha però prodotto un enorme numero di laureati e di emigranti per svariati motivi. Con tanti sacrifici dei genitori e di essi stessi tantissimi ragazzi e ragazze di questo paese hanno conseguito una laurea, sono diventati affermati professionisti. Ne ho contati 84, ripercorrendo virtualmente le vie ed i vicoli. Sicuramente alcuni mi saranno sfuggiti. Di queste menti pensanti, purtroppo, il paese si è spogliato per sempre.
Mentre facevo questa riflessione con Agostino. Ho colto, quasi inconsciamente, la contraddizione che emergeva dal discorso. Un paese che ha prodotto tante menti, sta per morire, mentre quelle stesse menti nulla possono dare per quel paese.
Sembra il parto di una valente madre che mette al mondo un bellissimo bambino mentre lei stessa perde la vita. E’ sicuramente una metafora retorica e sdolcinata ma forse rende l’idea.
Ho pensato che queste menti potrebbero fare qualcosa per far rinascere Carfizzi.
Se sono riusciti a laurearsi e quindi raggiungere un traguardo così importante certo hanno una mente che può offrire qualcosa per far risollevare questo paese da un declino che così sembra inesorabile. Non so che cosa, ma qualcosa si può fare?
Se tutte le teste pensanti, laureati e non, legate a questo paese, potessero contribuire, sinergicamente ad elaborare un’idea di sviluppo forse Carfizzi potrebbe rinascere a nuova vita.
Di questa idea ho parlato con qualcuno. Con mia moglie Pia, che non è di Carfizzi, con Agostino, con Gino Costanzo, con l’ex sindaco Nello Alfieri, con Domenico Giudice, con Nicola Marziano e con altri ancora. Hanno tutti convenuto, con entusiasmo, che è un’ottima idea.Ma come la si può rendere concreta?
Sicuramente oggi vi sono le condizioni, i mezzi, gli strumenti tecnologici che potrebbero aiutarci nel compito. Quanto meno per quanto riguarda la comunicazione. L’utilizzo del web può mettere in contatto continuo quelli fra noi che vogliono cimentarsi in questa impresa.
So che la strada è tutta in salita ed impervia, tenuto conto che si dovrebbe operare in una terra dove la questione meridionale è un argomento tuttora attuale. Altre realtà meridionali, però, oggi insegnano che con progetti seri e ben organizzati si possono far rivivere i paesi. Ho pensato al turismo, all’agricoltura ed a tutte le iniziative che attorno a ciò si potrebbero sviluppare.
Vorrei che quanto meno ci provassimo. Se non dovessimo riuscirci quanto meno avremmo costruito un movimento ideale che certo lascerà un segno importante nella storia del nostro paese.
Per il momento posso solo suggerire di far circolare questa idea tra tutte quelle persone di nostra comune conoscenza che abbiano a cuore il paese e il suo futuro e che vogliano essere parte di questa impresa.
Metto a disposizione il mio indirizzo e-mail per raccogliere le adesioni, le proposte e le candidature di chi volesse offrire il suo tempo e le sue conoscenze per portare avanti l’iniziativa. Anche se l’informatica permette comunicazioni più rapide e dirette, sono ben accette risposte per posta o in altro modo.
Un cordiale saluto
Vincenzo Basta
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